Due anni fa – 6 giugno

A dieci giorni dalla data prevista per il mio terzo parto, con una panciona che già da un paio di mesi sembra essere al limite, fiaccata dal caldo e dai due bambini di quasi cinque e due anni e mezzo, incontro il ginecologo per l’ennesimo controllo:

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I primi cento giorni

Cento giorni di blog.

Non che all’inizio avessi un progetto, un programma né un impegno. C’era solo il desiderio di ritagliarmi uno spazio mio, questa quarta dimensione, aspettando di vedere a cosa avrebbe portato.

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Due cavalieri e una cimpipessa

Maschietto o femminuccia, per noi non importava. Però, ad essere del tutto sinceri, una persona in famiglia che aveva espresso un chiaro desiderio c’era stata: il nostro Bimbo Grande, quando ancora la terza gravidanza era solo un’idea, aveva affermato, manifestando un istinto da antropologo: “Io vorrei una sorellina. Scusate, di fratellino ne ho già uno!”

Lo stesso Bimbo Grande, mesi dopo, durante un momento di coccole fra noi due con in mezzo il pancione e la sorellina scalciante, mi ha chiesto, serio serio: “Ma si sa già se la Piccolina nascerà con la coda, o le trecce… o il cerchietto?”

Poi la Piccolina è nata e, come nel frattempo avevo cercato di spiegare all’ingenuo fratello, l’acconciatura lasciava un po’ a desiderare, però è arrivato l’altro, il Bimbo Grandicello, a cogliere l’evidente novità e a domandare, incredulo di fronte al primo cambio di pannolino: “Ehi, ma il pisillino dov’è?!”

Così la salutare scoperta delle differenze anatomiche è venuta da sé.
Ma non basta: i due universi si studiano e, incuriositi, si osservano.

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In un grande cortile

In questa stagione, il cortile di una vecchia scuola milanese si apre una domenica mattina per ospitare bambini e genitori all’arrivo della marcia per le vie del quartiere.

Anni fa c’erano due bambini, fra i tanti, che non si conoscevano, con classi e amici diversi, ma che percorrevano, trascinati dal gruppo, quelle stesse strade e poi giungevano in quel grande cortile, stanchi e soddisfatti, un po’ smarriti nella folla.

Poi quei due bambini, da ragazzi, si sono incontrati e, in altri cortili, hanno imparato a volersi bene ed hanno fatto progetti, in quell’età in cui di certi ricordi si ha pudore e in cui si pensa che la libertà debba portare lontano dai luoghi e dalle emozioni dell’infanzia.

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What’s Ape?

Ape, Ape, Ape!
Questo era il contenuto di una delle mail scambiate fra le mamme della classe di mio figlio.
A leggere Ape, la prima cosa a cui ho pensato è stata quella che mi ha punto l’estate scorsa.
Ma non si trattava della segnalazione di un’emergenza ambientale, bensì della proposta per il nostro ritrovo primaverile: Ape come aperitivo.
Sarà che non ho mai chiamato la maturità Matura, il supermercato Super, il biberon Bibe… ma questo gergo da Milano da bere proprio me l’ero perso!

Cosa si indossa a un Ape? Ho solo jeans, magliette e ballerine.
Cosa si ordina a un Ape? Se bevo qualcosa di alcolico mi addormento, esiste ancora il succo di pomodoro?
Cosa ci faccio io ad un Ape?

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Prova schiacciante

Teddy è un coniglietto variopinto, decisamente naif, con un soffietto all’interno che lo fa suonare e, alla maniera assolutamente imprevedibile dei bambini, la Piccolina lo ha eletto suo compagno di giochi preferito.
Non è il pupazzo della nanna, ma è il suo primo pensiero appena si sveglia: lo tiene in braccio, gli accarezza il nasino, lo riempie di bacini, gli tira le orecchie, lo strapazza e lo coccola.

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