Prima settimana di scuola

La scuola ricca di iniziative originali, di esperienze al di fuori dell’edificio, di laboratori e di corsi sportivi che per due anni ha frequentato il mio Bimbo Grande non esiste più.
Le sue due maestre sono ancora lì, disponibili e piene di idee, ma non hanno più il tempo né la possibilità di dare alla classe tutto quello che vorrebbero: l’orario formalmente non è cambiato, i bambini trascorrono ancora a scuola 40 ore, ma non ci sono più quelle 4 ore di compresenza delle maestre che permettevano di organizzare le uscite e la maggior parte delle attività extracurricolari o anche solo artistiche.

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Tutto sommato non è una brutta estate

Luogo comune vuole i mariti in solitudine nell’afa cittadina a faticare e consumare tristi pasti confezionati mentre le mogli oziano sdraiate al sole e sfarfalleggiano coi bagnini.

Trascorse le nostre prime tre di sei settimane di separazione estiva, mi permetto di fare un parziale bilancio.

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Tutta natura

Al rientro dalla sua prima gita scolastica di un’intera giornata, il Bimbo Grandicello mi è venuto incontro all’uscita dall’asilo con l’aria stanca e accaldata, ma entusiasta del tempo trascorso in fattoria, a scorrazzare all’aria aperta in mezzo a tanti animali e ad imparare a impastare e infornare il pane.

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Una certa età

I nostri due piccoli biscazzieri, seduti su un tappeto a gambe incrociate, macinano partite a carte, fra rubamazzetto e scopa.

Bimbo Grande: “Sai, Mamma: ieri il Nonno mi ha detto che un giorno mi insegna a giocare a s’cera, un gioco di carte vigevanese“.

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Come se niente fosse

Ma chi l’ha detto che il confronto più duro che una neo-mamma debba affrontare sia quello con le altre mamme?
Vogliamo parlare del confronto con le altre donne, con le amiche non ancora mamme e con il ricordo della ragazza di belle speranze, tutta vita sana, chiacchiere spensierate e cura del corpo che si è trasformata in un rotondo e nauseato contenitore prima e in una amorevole e assonnata latteria poi?

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Di acquisti al buio e cantonate

Qualche settimana fa, nel racconto Moonlight shadow, che chiude il bellissimo Kitchen di Banana Yoshimoto, ho letto l’illuminante frase:

Intraprendere qualcosa di nuovo partendo dagli oggetti è la cosa peggiore, ma bisognava guardare avanti.

Ho risentito il sapore dei mesi di gravidanza, tra fantasie e timori e la sensazione di salto nel buio che ha accompagnato gli acquisti per il corredo del mio primo bambino. La pancia cresceva, il piccolo scalciava con forza a ricordarmi la sua vivace presenza, tutti intorno chiedevano, dopo il sesso e la data prevista per il parto: “allora avete comprato già tutto, vero?”. E così, stanca di rispondere “mi sembra ancora presto”, ho deciso di spingere in un angolo l’istintiva scaramanzia e, allo scoccare del settimo mese, ho iniziato con Papà in 3D a varcare soglie di negozi per l’infanzia.

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