Mettetevi nei suoi panni

Sono anni che svolgete il vostro lavoro di cameriere e vi siete conquistati la soddisfazione di servire ai tavoli all’aperto di un bar di tradizione, circondato dalle colonne di piazza San Carlo a Milano.
State stancamente portando a termine un lungo lunedì di lavoro, una delle prime giornate di caldo torrido che si fa sentire nelle gambe che già vi pregustate di sollevare sul divano, giunti a casa dopo aver finito di appoggiare le sedie sopra ai tavoli e spegnere le luci dell’insegna.

In un corso Vittorio Emanuele deserto, da piazza San Babila, sentite avvicinarsi delle voci garrule, per lo più femminili, ma non solo. Ancora sperate che la cosa non vi riguardi.
Invece mettete a fuoco una ventina di persone: qualche uomo, tante donne, alcune di loro portano sotto braccio delle scatole di cartone. Tutti vengono proprio verso di voi. Sono tanti e sembrano decisi. Non hanno solo sete, chiedono addirittura di mangiare…

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Un portone al Fuori Salone

In questi giorni, la zona in cui abitiamo si trova ad essere centro nevralgico del Fuori Salone, grande evento annuale per la Milano del design.

Questo significa che ogni angolo, ogni vetrina, ogni cortile e varco possono ospitare temporaneamente esposizioni di opere creative e presentazioni di prodotti o marchi famosi e che le strade si riempiono, ad ogni ora del giorno e poi sempre di più fino a tarda sera, di visitatori di vario genere: si possono incontrare gli addetti ai lavori, gli intenditori appassionati, frotte di giovani stranieri in assetto da vacanza, i residenti incuriositi dall’opportunità di venire a contatto con eventi apparentemente così lontani dalla nostra realtà e invece sorprendentemente così vicini a casa ed altri residenti, costretti a svicolare, per riuscire a condurre, anche nella settimana eccezionale, la solita quotidiana vita.

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Una certa età

I nostri due piccoli biscazzieri, seduti su un tappeto a gambe incrociate, macinano partite a carte, fra rubamazzetto e scopa.

Bimbo Grande: “Sai, Mamma: ieri il Nonno mi ha detto che un giorno mi insegna a giocare a s’cera, un gioco di carte vigevanese“.

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Come se niente fosse

Ma chi l’ha detto che il confronto più duro che una neo-mamma debba affrontare sia quello con le altre mamme?
Vogliamo parlare del confronto con le altre donne, con le amiche non ancora mamme e con il ricordo della ragazza di belle speranze, tutta vita sana, chiacchiere spensierate e cura del corpo che si è trasformata in un rotondo e nauseato contenitore prima e in una amorevole e assonnata latteria poi?

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Di acquisti al buio e cantonate

Qualche settimana fa, nel racconto Moonlight shadow, che chiude il bellissimo Kitchen di Banana Yoshimoto, ho letto l’illuminante frase:

Intraprendere qualcosa di nuovo partendo dagli oggetti è la cosa peggiore, ma bisognava guardare avanti.

Ho risentito il sapore dei mesi di gravidanza, tra fantasie e timori e la sensazione di salto nel buio che ha accompagnato gli acquisti per il corredo del mio primo bambino. La pancia cresceva, il piccolo scalciava con forza a ricordarmi la sua vivace presenza, tutti intorno chiedevano, dopo il sesso e la data prevista per il parto: “allora avete comprato già tutto, vero?”. E così, stanca di rispondere “mi sembra ancora presto”, ho deciso di spingere in un angolo l’istintiva scaramanzia e, allo scoccare del settimo mese, ho iniziato con Papà in 3D a varcare soglie di negozi per l’infanzia.

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Riderci sopra è meglio

Non puoi raccontare proprio tutto tutto alla tua cara amica seduta sul divano mentre si accarezza la grande pancia, si confida e ti fa domande, perché assolutamente non vuoi essere una di quelle che spiattellano per filo e per segno i particolari più truculenti del loro parto a chi non c’è ancora passata, e nemmeno entrare nel novero delle noiosissime mamme-io facevo così-il mio bambino di qui, il mio bambino di là, perché sai che in fondo certe emozioni, finché non le si prova, non le si può nemmeno immaginare e perché pensi anche che sia giusto lasciare qualcosa alla sorpresa…

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