Un portone al Fuori Salone

In questi giorni, la zona in cui abitiamo si trova ad essere centro nevralgico del Fuori Salone, grande evento annuale per la Milano del design.

Questo significa che ogni angolo, ogni vetrina, ogni cortile e varco possono ospitare temporaneamente esposizioni di opere creative e presentazioni di prodotti o marchi famosi e che le strade si riempiono, ad ogni ora del giorno e poi sempre di più fino a tarda sera, di visitatori di vario genere: si possono incontrare gli addetti ai lavori, gli intenditori appassionati, frotte di giovani stranieri in assetto da vacanza, i residenti incuriositi dall’opportunità di venire a contatto con eventi apparentemente così lontani dalla nostra realtà e invece sorprendentemente così vicini a casa ed altri residenti, costretti a svicolare, per riuscire a condurre, anche nella settimana eccezionale, la solita quotidiana vita.

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Tra la folla del dì di festa

La passeggiata lungo il mare si trasforma in un fiume di gente nel pomeriggio di festa, assolato ma ventoso.

Ci sono le anziane signore, elegantemente vestite, che conversano e sorridono alla vista dei bambini.
Poco indietro i mariti le seguono, camminando con le mani dietro la schiena.

C’é la famiglia che porta in giro orgogliosa il cucciolo al guinzaglio, passandoselo di mano in mano con l’evidente eccitazione della novità.
Un’altra famiglia con figli adolescenti procede in silenzio fra lamentele e sbuffi.
Mentre il gruppo di amici con tanti bambini di tutte le età avanza chiassoso fra gelati e risate.

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Come se niente fosse

Ma chi l’ha detto che il confronto più duro che una neo-mamma debba affrontare sia quello con le altre mamme?
Vogliamo parlare del confronto con le altre donne, con le amiche non ancora mamme e con il ricordo della ragazza di belle speranze, tutta vita sana, chiacchiere spensierate e cura del corpo che si è trasformata in un rotondo e nauseato contenitore prima e in una amorevole e assonnata latteria poi?

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Di acquisti al buio e cantonate

Qualche settimana fa, nel racconto Moonlight shadow, che chiude il bellissimo Kitchen di Banana Yoshimoto, ho letto l’illuminante frase:

Intraprendere qualcosa di nuovo partendo dagli oggetti è la cosa peggiore, ma bisognava guardare avanti.

Ho risentito il sapore dei mesi di gravidanza, tra fantasie e timori e la sensazione di salto nel buio che ha accompagnato gli acquisti per il corredo del mio primo bambino. La pancia cresceva, il piccolo scalciava con forza a ricordarmi la sua vivace presenza, tutti intorno chiedevano, dopo il sesso e la data prevista per il parto: “allora avete comprato già tutto, vero?”. E così, stanca di rispondere “mi sembra ancora presto”, ho deciso di spingere in un angolo l’istintiva scaramanzia e, allo scoccare del settimo mese, ho iniziato con Papà in 3D a varcare soglie di negozi per l’infanzia.

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Riderci sopra è meglio

Non puoi raccontare proprio tutto tutto alla tua cara amica seduta sul divano mentre si accarezza la grande pancia, si confida e ti fa domande, perché assolutamente non vuoi essere una di quelle che spiattellano per filo e per segno i particolari più truculenti del loro parto a chi non c’è ancora passata, e nemmeno entrare nel novero delle noiosissime mamme-io facevo così-il mio bambino di qui, il mio bambino di là, perché sai che in fondo certe emozioni, finché non le si prova, non le si può nemmeno immaginare e perché pensi anche che sia giusto lasciare qualcosa alla sorpresa…

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Quando la regola ti fa eccentrico

In due anni d’asilo del Bimbo Grandicello (lo stesso del Grande, ma a lui è andata meglio ed è stato derubato solo di un ombrello) abbiamo visto sparire dall’armadietto un discreto numero di giochi portati da casa, una salviettina, un grembiule e, fresca novità, l’astuccio con tutti i pennarelli e la colla. Il tutto contrassegnato col nome scritto o ricamato a caratteri cubitali.

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