È andato in onda per dieci settimane su Rai3 il programma televisivo Chiedi a papà, che, con la struttura narrativa del docu-reality, ha raccontato le vicende di venti famiglie italiane alle prese con una situazione per loro inusuale: il papà a prendersi cura da solo dei figli per cinque giorni, mentre la mamma si trova in vacanza, in totale isolamento. Ecco, ora mi piacerebbe chiedere a quelle venti coppie, che torneranno tutte insieme per una puntata conclusiva di questa prima stagione domenica pomeriggio alle 16.30, cosa sia cambiato e come siano andate le cose fra loro dopo il programma.
Perché è vero che, quando si parla di gestione familiare, suddivisione dei compiti e organizzazione del tempo di uomini e donne, è giusto scomodare statistiche, sociologia, politica e stereotipi culturali, ma a me, ascoltando le storie del programma e tante conversazioni che ne sono nate intorno, non esce dalla testa che alla base delle decisioni di una famiglia ci sia sempre una coppia, che era una coppia prima dell’arrivo dei figli e che, dopo, si è trovata a fare i conti con un nuovo sguardo da posare su se stessa, diventata una famiglia, e sul compagno, diventato anche genitore.

“Stiamo cercando genitori disponibili a riorganizzare la biblioteca della scuola” recitava una delle tante email nella mia casella in un giorno di fine settembre. Non è la prima volta che, rispondendo a una mail, rivoluziono la mia vita e, come negli altri casi, non so nemmeno perché proprio quel messaggio abbia avuto una sorte diversa da tanti altri ignorati. Forse perché era appena ricominciata la scuola e mi sembrava di avere un sacco di ore a mia disposizione, forse perché, in un anno senza inserimenti in classi nuove, l’avvio delle attività mi era sembrato stranamente tranquillo, o forse soltanto perché, a sentir parlare di libri, non so resistere. Fatto sta che mi sono buttata: “posso dare qualche ora di disponibilità alla mattina” ho scritto, “chissà quali altri genitori incontrerò alla riunione, vedrò se mi troverò bene” ho pensato…
Non posso dire di sapere davvero cosa passi per la testa del ragazzino che vedo rientrare tutti i giorni dalla scuola media, un po’ stropicciato e stanco, carico di libri e di cose da raccontare, capace di dirmi “ciao, mamma” con un vocino ancora da bambino, ma anche di affrontare i suoi impegni nuovi e la sua dose di responsabilità.
Per questo, per l’ultimo sabato libero dai tornei di calcio, ho accettato con entusiasmo l’invito a partecipare al
Cosa fate a Ferragosto?